Guida Pinacoteca italiano

Breve guida storica artistica

 

PINACOTECA COMUNALE

 

di Città di Castello

 

Palazzo Vitelli alla Cannoniera è sede della Pinacoteca Comunale di Città di Castello dal 1912.  L’edificio venne costruito per volontà di Alessandro Vitelli, valoroso condottiero, tra il 1521 e il 1545 in occasione del suo matrimonio  con Angela Paola Rossi di San Secondo Parmense.

 

 

Il percorso museale inizia uscendo nel giardino per ammirare

la facciata del palazzo.

 

FACCIATA GRAFFITA

 

E’ impreziosita da grottesche graffite da Cristoforo Gherardi e bottega su disegno di Giorgio Vasari.

Tra le decorazioni si notano: vitelli, putti alati, maschere e lo stemma della famiglia Vitelli. L’ingresso principale della signorile dimora

rinascimentale avveniva da questo lato del palazzo dove vi è un ampio giardino che anticamente era noto per la presenza di un orto botanico ricco di essenze rare ed esotiche.

 

 

La visita procede all’interno del palazzo; si prega di salire al

primo piano percorrendo  lo scalone monumentale

 

SCALONE MONUMENTALE

 

La volta venne affrescata da Cola dell’Amatrice con

scene di Apollo e le nove muse. Al centro della volta,

lo stemma dei Vitelli rappresentato da un vitello, due

  scacchiere e due mezze lune unito a quello della

  famiglia della moglie di Alessandro Vitelli: un leone

  rampante. Nell’ovale in basso Clio, la musa della

  storia; nell’ovale più in alto troviamo la raffigurazione

di  Apollo, dio protettore delle muse con l’arco e la lira da braccio in mano.

PIANEROTTOLO

 

 

In questo pianerottolo vi sono affreschi che illustrano il trionfo dell’amore. Uomini celebri per la loro saggezza, intelligenza, forza, cadono soggiogati dal potere del sentimento amoroso: il filosofo greco Aristotele è cavalcato dalla sua cortigiana Fillide; Salomone,  per compiacere la moglie Edomite prega Nettuno, divinità pagana ed Ercole sta filando la lana soggiogato dalla moglie Onfale.

 

 

 

VOLTA DELLO ZODIACO

 

Negli affreschi di questa volta sono raffigurati  i segni zodiacali e le divinità planetarie. Nella parte triangolare c’è Saturno re dell’Olimpo con ai lati il segno zodiacale dell’acquario e del capricorno.

A seguire troviamo Venere seduta sul Toro, che porge una freccia a suo figlio Cupido, sopra il segno della Bilancia.

Mercurio sta suonando uno strumento musicale, con ai lati i Gemelli e la Vergine la quale accarezza l’unicorno simbolo di purezza.

Nell’ultimo esagono di questa fila è Diana che incorona con l’alloro il Vitello, simbolo della famiglia Vitelli; vicino è visibile il Cancro.

Di fronte Apollo sta suonando la lira e sotto di lui è parzialmente visibile il Leone. Di seguito Marte che domina il segno dell’Ariete e dello Scorpione parzialmente visibile.

L’ultimo affresco raffigura Giove rappresentato con i fulmini in mano, seduto sopra un’aquila, tra il Sagittario e i Pesci.

 

 

 

 

PRIMA SALA

 

4) Maestro da Città di Castello – “Madonna in trono col Bambino” (XIII-XIV secolo)

 

E’ l’opera più antica della collezione ed è stata

realizzata alla fine del’200. Risente dell’influenza

stilistica senese della scuola di Duccio di

Boninsegna. Rappresenta una Madonna in trono

col Bambino e sei angeli. Lo schema

compositivo è ancora vicino al medioevo per la

doratura dello sfondo e la mancanza di

tridimensionalità. Il domenicano inginocchiato

sotto il trono rappresenta la committenza; il

quadro si trovava infatti in origine in una

cappella nella chiesa di San Domenico.

 

6) Spinello Aretino – “Madonna in trono con Bambino” ( XIV secolo)                                                                                                 Questo dipinto doveva essere presumibilmente lo scomparto centrale di un trittico o di un polittico oggi disperso. Anche quest’opera  ha uno schema stilistico molto vicino al medioevo anche se risente di un certo linearismo di ascendenza gotica.

 

SECONDA SALA

 

Questa sala dalle splendide decorazioni a grottesche realizzate da Cristoforo Gherardi è impreziosita da un coro ligneo realizzato nel XV secolo; originariamente si trovava in un monastero di Città di Castello.

 

7) Giorgio di Andrea di Bartolo – “Madonna dell’umiltà o del latte”

La tavola è la  parte centrale di un trittico realizzato agli inizi del ‘400 che venne commissionato dai canonici di San Florido per una cappella del Duomo. L’opera raffigura la Madonna seduta su un cuscino in un prato con in braccio il Bambino mentre sta bevendo il latte dal suo seno; questa immagine sottolinea l’umanità del Cristo e lo spirito materno della Madonna.

9) Antonio Alberti – “Trittico di San Bartolomeo” (XV secolo) L’opera venne realizzata per la chiesa di San Bartolomeo di Città di Castello nel 1431 circa e rappresenta la madonna con il Bambino con ai lati San Bartolomeo e San Benedetto Vescovo.

 

TERZA SALA

 

II,58) Lorenzo Ghiberti – “Reliquiario di Sant’Andrea”  (1420).

Il reliquiario conteneva la reliquia del braccio di Sant’Andrea ed era stato realizzato per la chiesa di San Francesco di Città di Castello.

Nel nodo centrale è possibile individuare la struttura architettonica della città fortificata, mentre alla base si leggono i nomi di tutti i committenti che hanno collaborato alla realizzazione dell’opera e la data di consegna.

 

QUARTA SALA

 

14) Ignoto – “Cristo con i segni della passione”  (XV secolo)

Questa piccola tavoletta, di stile fiammingo, faceva parte del corredo di una suora del convento di Santa Chiara delle Murate di Città di Castello. Il Cristo presenta ben visibili i segni della passione individuabili nelle ferite sulla fronte, e sulle mani per i chiodi che le hanno trafitte. Sia la corona sia i chiodi vengono tenuti in mano dal Cristo. L’autore, appartenente probabilmente alla corte urbinate, è influenzato sia dallo stile di Piero della Francesca, individuabile nel modo in cui è  rappresentato di Cristo, ma anche dai pittori fiamminghi che lo hanno ispirato nel disegno della stoffa di broccato caratterizzata da perle e pietre preziose tipiche della cultura delle fiandre.

 

13) Neri di Bicci – “Madonna col Bambino e due angeli” (XV secolo)

L’opera proviene dal convento di Santa Cecilia. Il volto della

Vergine è molto delicato e racchiude tutti i canoni rappresentativi

della bellezza femminile quattro-cinquecentesca. La presenza

del cardellino che becca il dito del Bambino è uno dei simboli della passione di  Gesù Cristo.

 

 

QUINTA SALA

 

22) Bottega di Domenico Ghirlandaio “Incoronazione della Vergine” (fine 1400)                                             Contornate da cherubini e angeli musicanti le figure del Cristo e della Vergine incoronata si stagliano su uno sfondo di cerchi concentrici che rappresentano il Paradiso. Al di sotto, in un cielo ideale si possono riconoscere varie figure di Santi tra i quali San Francesco, San Bernardino da Siena, Maria Maddalena e Santa Chiara.

 

 

 

 

LOGGIA

 

Nella loggia rinascimentale, costruita nel 1545 circa, sono esposte due opere della Bottega di Andrea della Robbia (XVI secolo).

La prima incompiuta raffigura l’ “Adorazione dei pastori”; la seconda rappresenta l’ “Assunzione della Vergine” e si trovava originariamente nella chiesa di San Giovanni dei Minori Osservanti di Città di Castello.

 

 

 

SESTA SALA

 

Questa sala è probabilmente la camera nuziale dei signori Vitelli ed è stata affrescata da Cristoforo Gherardi.

Qui è stato ricreato il percorso artistico di Raffaello Sanzio a Città di Castello che per questa città realizzò quattro opere.

 

 

 

 

22) Raffaello Sanzio – “Stendardo processionale della Santissima Trinità” (tra il 1499 e il 1503).

Le due tele originariamente erano unite tra di loro in modo da formare un’unica opera dipinta in entrambi i lati per essere più agevolmente portata in processione.

A sinistra è la Santissima Trinità con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo raffigurato come una colomba. Ai piedi della croce ci sono inginocchiati i due santi protettori contro la peste: San Sebastiano, con il mantello rosso, e San Rocco. E’ per la presenza di questi due santi che alcuni critici datano l’opera nel 1499  anno in cui Città di Castello fu colpita da una terribile pestilenza che decimò i suoi abitanti. Se si accetta l’ipotesi di questa datazione Raffaello avrebbe dipinto questa opera all’età di soli 16 anni. Alcuni critici spostano la datazione al 1503 anno in cui era già documentata la presenza dell’artista in città non considerando possibile che Raffaello avesse potuto raggiungere un’abilità artistica così elevata ad una così giovane età.

Nella tela di destra vi è raffigurata la Creazione di Eva. Vi si distinguono infatti le figure di Adamo che dorme e di Dio Padre nell’atto di prendere una costola per creare Eva.

La pellicola pittorica dello stendardo è particolarmente danneggiata perchè  portato in processione fino al 1627 almeno tre volte l’anno dalla confraternita della SS. Trinità.

 

     81) Ignoto – “Cristo in croce tra la Vergine e i Santi” (1809)

Quest’opera è una fedele copia pittorica della Crocifissione Mond  realizzata nel 1503 da Raffaello Sanzio per la cappella Gavari nella chiesa di San Domenico di Città di Castello e oggi conservata alla National Gallery di Londra. La copia venne realizzata perchè l’opera originale, dipinta da Raffaello, fu acquistata dal cardinale Fesch che si trasferì prima a Roma e poi a Parigi.

 

 

 

 

 

SETTIMA SALA

 

Questa era la sala di rappresentanza del palazzo prima dell’ampliamento dello stesso ed è anche chiamata la “Sala delle armi” infatti, nella decorazione ad affresco dei fregi, vediamo riprodotte delle armi e alcuni oggetti di guerra usati nel Rinascimento. Questo tema era stato scelto per evidenziare la vocazione bellica della famiglia che aveva tra i suoi più importanti esponenti illustri mercenari.  La scritta sull’architrave del camino  “Vivo sotto l’ombra di quest’arme antica” sottolinea

ulteriormente la particolare funzione di questa stanza.

II,64) Armadio da Sacrestia. Il grande mobile esposto è un armadio che si trovava nella sacrestia della chiesa della Madonna delle Grazie a Città di Castello. E’ datato 1501 ed è stato realizzato da Antonio Bencivenni da Mercatello.

 

OTTAVA SALA

 

E’ conosciuta anche come “Sala Pompeiana” ed è caratterizzata da affreschi con decorazioni a grottesca su cui si stagliano delle finte finestre che si aprono su paesaggi acquatici.

 

NONA SALA

 

Questa sala è anche chiamata lo “studiolo” di Alessandro Vitelli e presenta degli affreschi realizzati da Cola dell’Amatrice con scene di battaglia dove il protagonista è Alessandro Magno.

 

 

Curiosità:

            Una leggenda è collegata a questa sala. Si narra infatti che l’amante di Alessandro Vitelli, Sora Laura, usava affacciarsi alla finestra dalla quale ancora oggi  si possono vedere le antiche mura cittadine. Si dice che Laura,  al passaggio di un bel giovane lasciava  cadere un fazzoletto come scusa per farlo entrare nel palazzo. Dopo aver approfittato delle grazie del malcapitato, che subito accorreva al suo invito, lo pregava di uscire da una porta segreta, quella qui presente, decorata come le pareti. Dietro la porta però non c’era una via di uscita ma un trabocchetto mortale.

DECIMA SALA

 

Osservando la parete di fondo di questa sala è possibile vedere la decorazione a graffito che impreziosisce la facciata esterna del palazzo a testimonianza di un ampliamento della costruzione avvenuto nel 1543.

 

                                       UNDICESIMA SALA

 

 

Due pareti dello splendido “Salone monumentale” sono affrescate con motivi su sfondo a grottesca  su cui si aprono raffigurazioni di paesaggi eseguiti da Cristoforo Gherardi nel 1537. Il perimetro superiore di tutta la sala è invece caratterizzato da scene di battaglia di personaggi storici importanti; nell’ordine iniziando dalla parete del camino si possono ammirare scene di vita di Annibale, a seguire episodi bellici di Scipione l’Africano, di Giulio Cesare e di Alessandro Magno. Questi affreschi sono stati realizzati da Cola dell’Amatrice nel 1543.

I due grandi tavoli al centro della sala provengono dal Convento di San Francesco di Città di Castello e sono del XVII secolo.

La visita prosegue al piano inferiore: scendendo lo scalone monumentale si procedere verso destra.

 

 

Sarcofago ( metà III sec. d.C.)

Il sarcofago proviene da Badia Petroia, una frazione di Città di Castello, dove fu rinvenuto nel ‘700. Si tratta di un manufatto marmoreo della prima metà del III secolo d.C. riccamente scolpito a bassorilievo. La fronte è ripartita in parti simmetriche; ai lati il tema dei Dioscuri e al centro Amore e Psyche sono intervallati da ampie strigilature. Nei lati corti invece motivi aniconici con lance e scudi stilizzati

 

DODICESIMA SALA

 

16) Luca Signorelli – “Martirio di San Sebastiano” (1497-98)

La tavola si trovava in origine sull’altare della famiglia Brozzi nella Chiesa di San Domenico di Città di Castello. Sullo sfondo a destra il borgo medievale rappresentato potrebbe essere Cortona, città natale di Luca Signorelli; si individuano inoltre dei resti romani che contrastano con il resto del paesaggio per un effetto maggiormente suggestivo, elemento tipico dello stile signorelliano.

 

 

 

TREDICESIMA SALA

 

In questa sala tutte le opere esposte risentono dell’influenza di Luca Signorelli.

 

 

 

19)Luca Signorelli e aiuti – “Stendardo” (tra il 1496 e il 1502). L’opera proviene dalla chiesa di San Giovanni Decollato di Città di Castello ed era stata commissionata dall’omonima confraternita che si occupava di dare degna sepoltura ai decollati per pena di Morte. Sul recto è impresso il Battesimo di Gesù Cristo avvenuto ad opera di San Giovanni Battista e sul fronte lo stesso Santo contornato da scene della sua vita: la cattura, l’eremitaggio e la decollazione.

 

 

 

 

 

Le sale quattordicesima e quindicesima sono chiuse per restauro

 

 

 

 

                                 SEDICESIMA SALA

 

In questo ambiente troviamo esposti quattro grandi dipinti di un pittore della scuola di Raffaello Sanzio, Raffaellino del Colle.

 

38) “Deposizione del Cristo morto” (XVI sec).

La scena molto realistica rappresenta la deposizione dalla croce del corpo morto del Cristo; in basso, è rappresentato lo svenimento della Vergine sorretta da due donne mentre la Maddalena porge il lenzuolo per accogliere il corpo del Cristo. Lo stile manieristico è esaltato nella descrizione anatomica dei personaggi mentre la drammaticità della scena è leggibile dai volti delle figure. L’opera è completata da alcune tavolette laterali formanti due  paraste che raffigurano sei angeli con gli strumenti della passione  del Cristo e due teste di Cherubini.

 

     DICIASSETTESIMA SALA

 

In questa sala sono esposte opere del periodo manierista, corrente che nasce dall’imitazione ed esaltazione dei grandi pittori rinascimentali cogliendone la “maniera” di dipingere e da qui il nome “Manierismo”. In queste opere si può notare l’attenta descrizione anatomica  e la potente espressività dei volti dei personaggi rappresentati.

 

Il percorso prosegue alla vostra destra, superare la biglietteria e accedere alla successiva sala alla vostra sinistra (accanto la porta d’ingresso)

 

DICIOTTESIMA SALA

 

In quest’ultima sala troviamo esposte opere del periodo manieristico con la presenza soprattutto di Niccolò Circignani detto il Pomarancio.

 

43) “Martirio di Santo Stefano” (1570)                                  

Il dipinto appartiene al primo soggiorno tifernate del Pomarancio. Al centro Santo Stefano, sta per essere colpito dalle

pietre che lo uccideranno; in alto Dio Padre si affacci sul

drammatico scenario aprendo una finestra di luce e di pace,

insieme ai due angioletti al Suo fianco.

 

                  DICIANNOVESIMA E VENTESIMA SALA

 

In questa e nella sala successiva è possibile osservare dipinti realizzati tra il Seicento e l’Ottocento.

75) Francesco Mancini – “Domine quo vadis?” (XVIII sec). E’ raffigurato il Cristo con la croce su una spalla e Pietro che si inginocchia di fronte a Lui.  Questa frase venne detta da Pietro a Gesù Cristo quando lo incontra durante la sua fuga da Roma per salvarsi dalle persecuzioni contro i cristiani. Cristo, ormai morto, appare  a Pietro in tutta la sua solennità e dichiara che Egli stesso costruirà la sua Chiesa. San Pietro, percependo immediatamente il messaggio di Cristo tornerà sui suoi passi e porrà le basi per la costruzione della basilica di San Pietro.

 

Proseguire sempre dritti ripercorrendo la diciassettesima e sedicesima sala. Prima di scendere le scale sulla sinistra si trova l’ingresso alla:

 

                                         “Stufetta”

 

La stufetta (o bagno), è uno dei pochi ambienti menzionati da Giorgio Vasari in merito agli interventi realizzati da Cristoforo Gherardi detto il Doceno a Palazzo Vitelli alla Cannoniera.

Le stufe sono stanze all’interno di palazzi signorili  (ne abbiamo esempio anche all’interno di Palazzi Vaticani tra i quali una a Castel Sant’Angelo) in cui concedersi un momento di riposo ed equivalgono alle odierne spa o terme. Questo luogo, definito di delizie, sta a testimoniare come la cultura rinascimentale sia strettamente collegata a un recupero del mondo classico.

L’affresco ne decora le pareti e la volta a botte; Cristoforo Gherardi si è ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, uno dei libri più diffusi in epoca rinascimentale e fonte inesauribile di iconografie. Nella stufa le rappresentazioni sono legate ai miti dell’acqua infatti al centro della volta è raffigurato Nettuno;  nelle pareti invece spicca la rappresentazione di “Leda e il cigno”, “Diana e Atteone” e un’altra raffigurazione non ancora identificata che potrebbe coincidere con Diana e le sue ninfe durante il bagno. Le scene principali sono circondate da decorazioni a grottesca. Sopra la porta d’ingresso lo stemma di Alessandro Vitelli e la moglie Angela Paola Rossi racchiuso in una ghirlanda.

 

Usciti dalla Stufetta scendere i gradini a sinistra, oltrepassare il loggiato e accedere alla sezione dedicata al:

 

Novecento

 

                                       PRIMA SALA

Gipsoteca

 

Questa collezione di gessi realizzati come bozzetti dallo scultore tifernate Elmo Palazzi (1871-1915) proviene quasi per intero dalla Scuola Operaia Bufalini; nel 1969 l’amministrazione comunale stabilì l’acquisizione dell’intera collezione.

“Busto di Giuseppe Garibaldi” è uno dei pochi gessi che si trova senza essere inventariato dalla Gipsoteca di Scuola Bufalini e quindi si presume che proviene direttamente dallo studio dello scultore.

Il “Monumento a Luigi Cerboni” ritrae il musicista e poeta tifernate scomparso nel 1912. L’originale si trova al Cimitero Monumentale di Città di Castello.

 “Allegoria dell’Umbria” è una figura pensosa e imponente che tiene nella mano sinistra una patena e nella destra una spada. La scultura rappresentata è l’Umbria e l’originale si trova nell’ Altare della Patria a Roma.

 

SECONDA SALA

 

Collezione di Bruno Bartoccini

La Collezione di bronzi di Bruno Bartoccini è stata donata al Comune di Città di Castello direttamente dall’artista con un gesto teso a sottolineare il suo affetto per la città nella quale aveva insegnato prima di trasferirsi a Firenze. L’importante nucleo di bronzi donati, datati dal  1962 al 1983, è composto da 35 opere, delle quali sono state esposte in queste due sale.

TERZA SALA

La donazione Nuvolo

 

La donazione è frutto di 15 opere dell’artista Nuvolo donate al Comune di Città di Castello dalla sua famiglia nel 2012. Giorgio Ascani (1926-2008), in arte Nuvolo, è stato un artista di Città di Castello. Inizia la sua carriera nel dopoguerra come aiuto di Alberto Burri nello studio romano di Via Margutta,  ma anche di Colla, Mannucci e Cagli. Ben presto troverà la propria strada artistica nella sperimentazione serigrafica e con le serotipie avviene l’innesto tra la tecnica serigrafica e quella pittorica iniziando ad esporre al fianco di artisti quali Burri, Turcato, Accardi, Capogrossi, Mirko, Fontana, Manzoni…

Negli anni ’70 all’attività artistica si affianca l’impegno didattico negli Istituti d’arte e nel 1977/78 vince la cattedra di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Perugia e dal 1979 al 1984 ne sarà anche direttore.

 

QUARTA E QUINTA SALA

 

La donazione Ettore Ruggieri

 

Questa collezione apparteneva al chirurgo Ettore Ruggieri la cui madre era originaria di Città di Castello. Nel 1986, dopo la sua morte, la moglie   donò le opere al  Comune di Città di Castello .

Di spicco l’ Ettore e Andromaca” e  “Piazza Italia”  di Giorgio De Chirico: rivisitazioni dei soggetti della Metafisica realizzati dopo la sua partecipazione alla guerra.

Carlo Carrà: Marina” (1953) – scabra veduta della Versilia con spiagge deserte, mare iridescente, barche e isolati capanni, “cose ordinarie” trasfigurate e astratte dal contesto.

Mario Mafai: “Paesaggio romano” (1938-1940) –  veduta delle chiese dei Santi Giovanni e Paolo ritratta dalle pendici del colle

Palatino.

Gruppo in osteria” (1950) – costruito utilizzando la sua tavolozza tipica fatta di squillanti verdi e viola e colori contrastanti.

 

Filippo De Pisis: “Una strada di Parigi” (1929) – l’impressionismo accelerato attraverso l’improvviso degli spazi, degli edifici e delle persone. Nonostante questi oggetti stenografati l’artista rende l’immagine efficace e drammatica.

Gerardo Dottori : “Il lago Trasimeno” (1955) – Dottori è il firmatario del manifesto dell’areopittura, e resterà legato a soggetti e schemi tardo futuristi fino alla fine della propria vita.

 

 

La visita alla collezione della Pinacoteca termina qui; si prega di tornare in  biglietteria dove si trova l’uscita.